La crisi delle infrastrutture italiane di Davide D’Addato

Dopo l’incidente sulla A14 nei pressi di Bologna, il 14 Agosto 2018 è successo un altro avvenimento molto triste. Il ponte Morandi di Genova è crollato. Potrebbero essere state una serie di concause a provocare il crollo. Una delle possibili cause è la carenza di manutenzione, ma anche l’incremento del traffico, i mezzi pesanti, la ruggine, il cedimento del terreno sottostante ai piloni… Le dinamiche del cedimento però non sono ancora chiare ma si sta andando avanti con gli studi. La giornalista Flavia Perini segnala che nessuno degli ultimi governi ha spinto a spendere di più per migliorare lo stato delle nostre infrastrutture. Quest’anno nero per le nostre autostrade è legato direttamente con le scelte (o le non scelte) di gestione del comparto (infrastrutture e trasporti). Per la prima volta la crisi non c’entra perché entrambi i settori godono di buona salute e fanno profitto. Ci sono solo due segni meno: investimenti e spesa per la manutenzione. Oggi noi siamo un paese che di recente ha fatto una legge che obbliga a montare seggiolini anti-abbandono per neonati ma nessuno degli ultimi 5 governi ha pensato di obbligare le società che hanno in gestione i 5886 km di autostrade italiane a spendere di più per prevenire i disastri. Per molte persone il 15 Agosto fu un giorno molto triste perché morirono 43 persone innocenti. Dopo la tragedia di Genova c’è molta preoccupazione perché la maggior parte delle infrastrutture italiane ha superato i 50 anni di età, che corrisponde alle opere in calcestruzzo armato realizzate nel secondo dopo guerra. Oggi non esiste un censimento dei ponti forse perché le infrastrutture italiane sono gestite da enti diversi. Molti ponti non sono crollati e potrebbero farlo, ad esempio due dei 4 ponti sulla superstrada Milano-Meda, in Brianza, e il viadotto dei Levatoi, in provincia di Como. L’elenco potrebbe essere lungo. Oggi si spera il prima possibile un intervento del governo per evitare altre tragedie.

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