Vita di Dante, i giorni e le opere di Emilio Pasquini - Ilaria Boeri

Il libro “Vita di Dante, i giorni e le opere” di Emilio Pasquini è stato molto interessante perché ha trattato tematiche che dovrò affrontare nel corso del triennio riguardante questo grande poema. Allo stesso tempo ho trovato difficoltà nel leggerlo perché l’autore ha intrecciato i racconti del vissuto, della politica e dei testi di Dante, per la mia esperienza, in modo complicato. Quello che mi è rimasto più impresso è stato l’amore che Dante ha provato per Beatrice, una ragazza fiorentina appartenente alla famiglia Portinari, che morirà neanche ventenne nel 1290. Fu la donna che amò ed esaltò prima nella Vita nova e poi nella Divina Commedia.
Di Dante non conosciamo neppure una riga o una firma autografa e neppure un manoscritto posseduto da lui o che conservi tracce di una sua lettura e tutte le copie delle sue opere risultano posteriori alla sua morte. Sono scarsi anche i documenti che riguardano Dante come uomo e come personaggio politico. Nacque tra il maggio e il giugno del 1265, a Firenze da una famiglia della piccola nobiltà cittadina. A soli 12 anni fu promesso sposo a Gemma Donati, discendente della casa Donati, che sposò nel 1285 e da cui ebbe dei figli. Negli stessi anni cominciò ad interessarsi della letteratura e a dedicarsi a studi filosofici. Frequentò i circoli culturali e fece amicizia con Guido Cavalcanti.
Dante fu profondamente influenzato dal letterato Brunetto Latini scrittore del libro “Tresor”. Frequentando l’università di Bologna conobbe la corrente poetica dello stil novo.
L’autore inizia ad interessarsi alla vita politica del tempo, infatti, di pari passo con alcune produzioni si sviluppa la sua carriera politica, dopo che a trent’anni, ormai padre di famiglia, per uniformarsi agli “ordinamenti di giustizia” di Giano della Bella si era iscritto all’Arte dei medici e degli speziali. Consigliere comunale fra 1295 e il 1297, nel 1300 è ambasciatore di Firenze a San Gimignano. Per i suoi meriti politici, gli toccò di guidare la ben più impegnativa ambasceria di Firenze presso il pontefice nell’ottobre 1301.
Dante reduce da Roma venne raggiunto il 27 gennaio 1302 dalla prima sentenza del podestà Cante de’ Gabrielli da Gubbio: gli veniva decretata l’accusa di aver trattato vantaggi personali dalle sue cariche pubbliche. Poco più di un mese dopo lo colpiva la sentenza, che lo condannava a morire sul rogo. Iniziava l’esilio: che significava la perdita di ogni diritto civile, il rischio di subire violenze di ogni tipo e in ogni caso il dover dipendere dall’arbitrio e dagli umori degli eventuali protettori che gli concessero asilo e protezione. Ma inizia anche un periodo più povero di dati biografici precisi, in assenza di legami politici e sociali. Che Dante si rifugiasse subito a Verona, sotto la protezione di Bartolomeo Scaligeri, è poco probabile. Eccolo infatti nei primi mesi del 1302 a Gargonza e a San Godenzo nel Mugello; poi dall’autunno a Forlì presso Scarpetta degli Ordelaffi, che lo invia ambasciatore a Verona. Dove non dovette rimanere a lungo, perché era stata conseguita una vittoria sui Neri, il 19 novembre 1303, scrive la pima delle 13 epistole che ci sono giunte al cardinale Niccolò da Prato, inviato a metter pace in Firenze dal nuovo papa Benedetto XI, dichiarando piena disponibilità ad accettare il suo arbitrato, per amor di patria. Ma le trattative falliscono e il tentativo dei Bianchi di rientrare in città con la forza delle armi naufraga rovinosamente nello scontro sanguinoso della Lastra. Morì tra il 13 e il 14 settembre del 1321 a Ravenna.
Il fatto che Dante sia considerato il padre della letteratura italiana mi ha incuriosita ancora di più e mi ha spinta ad informarmi sulle sue opere. La vita nova è il primo esempio di romanzo autobiografico d’amore scritto in volgare ed è un componimento interamente dedicato a Beatrice. Fu composta nel 1293-1294 ed è la prima e unica opera non composta in esilio. Si narra l’amore di Dante verso costei, riportando tutte le tipologie stilnovistiche. L’autore conclude la Vita nova dicendo che non avrebbe mai più parlato di Beatrice finché non fosse riuscito a dire qualcosa che nessun uomo avesse detto alla propria donna, così anticipa l’incontro con Beatrice nel Paradiso e il loro viaggio attraverso il regno dei cieli.
Nel periodo dell’esilio scrisse il “Convivio” (1303-1304) e il “De vulgari eloquentia” (1305). Il primo significa letteralmente “banchetto”, ed è un esempio di prosa saggistica scritta in volgare. Dante vuole allestire un banchetto in cui vuole spezzare, metaforicamente, il pane della conoscenza anche agli esclusi. Nel secondo sembra prendere le mosse dalla glorificazione del volgare per studiarne la genesi e le modalità interne, contrapponendo a un’ideale lingua letteraria la variegata carta dei dialetti della penisola.
Il De Monarchia è un trattato politico scritto in latino perché è rivolta a un pubblico di intellettuali e raccoglie in forma organica le idee politiche di Dante. È l’unica opera completa di Dante. Lo scrive in corrispondenza dell’ascesa di Arrigo VII in Italia.
Comincia così la stesura della Divina Commedia, con la scrittura dell’Inferno. Questa parte del poema venne donata a Fra Ilario dall’autore, che aveva chiesto al monaco di far avere quella parte a Uguccione. Il monaco nell’adempiere a questo compito informa il destinatario che, se vorrà leggere le ultime due cantiche del poema dantesco, dovrà rivolgersi rispettivamente a Moroello Malaspina e Federico d’Aragona, re di Sicilia. La Divina Commedia è un poema scritto in terzine di endecasillabi legate da una rima incatenata. È più probabile che Dante, nell’inventare questo metro narrativo, sia stato suggerito in primo luogo dal ritmo ternario del ragionamento medievale, procedimento logico deduttivo, dal generale al particolare. In secondo luogo dalla aderenza di strofe di tre versi alla simbologia trinitaria che sta dentro un poema di tre cantiche ciascuna di 33 canti, tranne la prima che ne ha 34. Tre cantiche, dove tre è il numero perfetto, che rappresenta la Trinità.
La Divina Commedia può essere definita come del più straordinario e irripetibile “romanzo a puntate” che si conosca.
Nel suo viaggio nell’oltretomba gli si fa incontro l'anima del grande poeta Virgilio, il quale si dice inviato da Beatrice per condurlo al bene attraverso un altro cammino: egli dovrà visitare i tre regni soprannaturali, l'Inferno, il Purgatorio e il Paradiso, in questi tre regni Dante osserva le punizioni e i premi riservati ai defunti, e incontra numerosissimi personaggi famosi del passato e della sua epoca. Si intuisce una sorta di analogia fra Virgilio personaggio e Dante autore della Commedia su un piano didattico. Il rapporto di fiducia fra il maestro e il discepolo nel corso del viaggio si rafforza sempre di più.
Ringrazio il professor Gaudio per avermi consigliato questo libro e per avermi dato l’opportunità di conoscere meglio Dante.

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