Un caso complicato di Matteo Castellani


Traccia
Inventa un racconto giallo

Svolgimento
Era una classica serata tranquilla per il commissario, che si godeva un drink al bancone con un bel brano jazz di sottofondo, il che fa molto anni 20.
Purtroppo, però, non si poteva dire lo stesso per Jack Gossling, uno sconosciuto, del quale tutto il quartiere parlerà quando verrà trovato morto, l’indomani mattina, in un cassonetto dell’immondizia, fatto a pezzettini.
Ma, appunto, il corpo sarebbe stato ritrovato l’indomani mattina, non c’era, quindi, motivo per agitarsi in quel momento in cui il commissario poteva finalmente sentirsi in pace con sé stesso, anche grazie a qualche bicchiere di troppo.
Il commissario, un uomo cupo, depresso, un uomo d’altronde pieno di rimpianti, al quale sono morti il figlio e la moglie prematuramente, in un incidente stradale. Cosa ci si può aspettare, quindi, da una persona del genere se non il trovarlo tutte le sere in un locale jazz a bere e provare ad annacquare ricordi troppo dolorosi. Indossa sempre un cappotto, grigio o nero, che lo copre fino alle ginocchia, tiene i capelli, ormai grigi, lunghi (o almeno quello che si può considerare lungo per un uomo), ha sempre una sigaretta in bocca, ma la caratteristica che lo contraddistingue più di tutte è un’espressione irrimediabilmente depressa sul volto, la quale ormai ha scavato grandi rughe su di esso. Nonostante ciò il commissario resta un investigatore molto perspicace e bravo nel suo lavoro, ovvero quello di ricostruire un omicidio e trovarne il colpevole. Purtroppo non poteva immaginare i guai che gli avrebbe portato quel caso, perché l’artefice non era un uomo che aveva trovato la sua donna a letto con un altro, o una persona che uccideva il padre per l’eredità, bensì era, sì un uomo, ma uno di quelli che non si vuole mai incontrare da solo nel vicolo di casa, a notte fonda.

Sono le 6:00 di mattina e il telefono del commissario iniziò a squillare. Quindi si alzò dal letto, in maniera svogliata e assonnata. Vide il numero del collega Dempsey impresso sul display. Rispose. Venne chiamato sulla scena del delitto di Gossling. Si mise subito in macchina. Appena arrivato si rese subito conto della gravità del delitto e della sua brutalità. Il corpo dopo essere stato analizzato dalla scientifica venne portato all’obitorio. A quel punto il commissario poté analizzare la scena del delitto, le circostanze con cui è stato effettuato l’omicidio. Non riuscì a trovare indizi utili a incastrare il colpevole, allora andò all’obitorio per farsi spiegare da Robert, amico di vecchia data oltre che collega della scientifica, se ci fossero prove sul corpo o almeno indizi da cui si poteva mettere in piedi l’indagine.
Allora il commissario si recò nell’”ufficio” dell’amico, ovvero l’obitorio:
-Come va Richard?
-Io bene, come al solito, non si può dire lo stesso per questo poveretto;
-Eh già, si chiamava Jack Gossling, è stato addormentato con del cloroformio e poi fatto a pezzettini. Brutto modo di morire.
-Mhhh… non ci sono altri segni o indizi sul corpo?
-No. E’ stato preso alla sprovvista, da dietro. Non ci sono, infatti, segni di difesa.
-Capisco…
-In più ogni possibile indizio è stato cancellato con lo spezzettamento del corpo, solo la testa l’ha lasciata intera, il resto tagliato a fette più o meno sottili.
-…
-E’ un caso difficile.
-Non ho nessun punto di partenza, non so come partire.
-Uno ce l’hai.
-Quale?
-Che è un serial killer e che fa a pezzettini le sue vittime.
-Mhhh… va bene. Ciao Rob ci vediamo.
-Ciao Richard.
Il commissario non sapeva cosa fare, non c’era niente; nessun indizio, neanche un capello o un frammento di unghia partito nella colluttazione, niente, nemmeno l’arma del delitto, ma anche se l’avessero trovata non avrebbe avuto neanche le impronte. Probabilmente l’assassino aveva usato dei guanti. Questi erano i pensieri del commissario in questo momento; pensieri vaghi, supposizioni inutili, un insieme di pensieri che serviva solo a mettere in moto il suo cervello, ma che per ora non erano serviti nemmeno a quello. Però, proprio in quel momento, ripensò alle parole di Robert, prese il telefono e chiamò il collega Dempsey:
-Dempsey?
-Sì, pronto.
-Sì ti volevo chiedere, potresti fare un’indagine sul passato della vittima?
-Certo, ma a che scopo?
- Se l’assassino è un serial killer, allora potrebbe agire secondo categorie di persone; per esempio donne bionde e così via dicendo e conscendo il passato di Gossling potremmo, appunto, capire come agisce e chi sono le vittime dell’assassino. E possiamo restringere il campo dei sospettati.
-Ok, perfetto.
-Fammi sapere.
-Va bene.

Alle 7:40 il telefono squillò, sempre con la solita odiosa suoneria che il commissario non sapeva cambiare, peccato solo che non avesse nessun nipotino a cui farlo fare al suo posto. Era Dempsey:
-Pronto signor Watterson.
-Sì Dempsey?
-Mi scusi. Stava dormendo?
-Sì ma non è importante tanto quanto quello che credo starai per dirmi.
-Sì. Ho indagato e fatto ricerche tutta notte sul passato della vittima, il sig. Gossling, e sono arrivato ad una conclusione: il sig. Gossling era un poliziotto della polizia di Chicago ormai in pensione, che aveva prestato quarant’anni di servizio e che si è spento all’età di 72 anni.
-…- in quel momento nessuno poteva vederlo, ma se qualcuno lo avesse potuto fare avrebbe visto un uomo sorpreso, incredulo, ma soprattutto spaventato, con gli occhi sbarrati e la bocca semi-aperta, con lo sguardo fisso nel vuoto.
-Pronto commissario! Ha sentito ciò che le ho detto?!
-Sì, sì. Solo non mi aspettavo questa risposta.
-Ah ok. Ora come possiamo procedere?
-Ora non lo so. Adesso vado in commissariato e ci lavoro. Tu riposati, che poi quando ho una pista ti richiamo io.
-Ok. Grazie mille commissario Watterson.
Il commissario era sconvolto “Impossibile. Un poliziotto. Allora io e miei colleghi siamo le prossime potenziali vittime. Magari agisce seguendo altri schemi, magari ex poliziotti e non quelli ancora in servizio… non lo so ma ora sarà meglio andare in commissariato a lavorarci su e schiarire i dubbi.”
Ma ora spostiamo la nostra attenzione su Dempsey la spalla del commissario, un giovane poliziotto di trentun anni, molto sveglio e intelligente. Castano, con i capelli mossi portati corti. Si veste sempre in maniera elegante con una camicia bianca o azzurrina, una cravatta sempre in tinta, pantaloni eleganti e scarpe tirate a lucido. Ci ha sempre tenuto a risultare elegante. Sempre a completa disposizione del commissario, un lavoratore instancabile, diventato quasi indispensabile proprio per queste qualità. Ma purtroppo chiunque, sia i criminali, sia le brave persone sono destinate a morire. Dempsey aveva seguito il consiglio del commissario era tornato a casa dopo una nottata intensa e piena di lavoro, si era sdraiato sul divano a guardare la TV e come succede sempre in questi casi, dopo cinque minuti si era addormentato. Era talmente stanco che si era dimenticato di chiudere la porta dietro di sé, sbaglio imperdonabile, vista il caso delicato sul quale stavano indagando. L’assassino, infatti, lo aveva seguito fino a quel momento, per privare il commissario della sua spalla, e si accorse subito della dimenticanza di Dempsey. Entrò quindi indisturbato nell’abitazione del giovane detective e commesse un’effrazione pulita: mise uno straccio impregnato di cloroformio sul suo viso addormentandolo. Lo prelevò quindi dal suo appartamento, per portarlo nel suo “laboratorio” e applicare lo stesso brutale metodo adottato con Gossling. Al momento del risveglio Dempsey si trovava su un lettino in una stanza oscena e si trovò davanti l’assassino, con uno sguardo inquietante con in mano terribili attrezzi. Allora l’assassino iniziò a parlare con la vittima:
-Ben svegliato- disse con una voce acuta e angosciante.
-Hu…
-Tranquillo ora allevierò tutti i tuoi dolori.
-Ti prego lasciami andare.
-Mi dispiace ma non posso. Sapevi troppo, e troppo stavi per sapere- disse prendendo in mano una sega circolare e facendola partire.
-Cos’hai intenzione di fare- disse con la paura negli occhi e ansimando.
-Solo superare un ostacolo- quando disse queste parole iniziò a tagliare vivo il povero Dempsey, del quale vi risparmio le urla di dolore disperato. Finito il cruento omicidio l’assassino impacchettò i resti del giovane Dempsey in un sacchetto dell’immondizia, che butterà in un cassonetto della città. Povero Dempsey, così pieno di ambizioni e sogni che non potrà realizzare mai, se ne vanno sempre i migliori.
Il commissario era in commissariato e stava lavorando da più di tre ore al caso senza riuscire a capacitarsi dell’esito delle indagini di Dempsey. Pensò di chiamare il giovane collega e chiedergli di indagare sugli avvenimenti che hanno coinvolto la polizia di Chicago in quegli anni, per capire se ci poteva essere qualche avvenimento tragico che poteva aver portato l’assassino alla pazzia e alla voglia di vendetta nei confronti dei poliziotti coinvolti in tale disastro e Gossling avrebbe potuto far parte di loro. Poi pensò che Dempsey in quel momento si stava riposando, sotto suo consiglio, e che quindi era bene non svegliarlo, allora si mise lui a indagare. Passò molto tempo ed era ancora a metà della ricerca. Vide in quel periodo di tempo molti dei suoi colleghi tornare a casa, si era fatta una cert’ora e decise di continuare il giorno dopo, era già l’una di notte, avrebbe chiesto a Dempsey una mano.
Venne svegliato da un’improvvisa e inattesa chiamata. “Oh Dempsey” pensò. Cercò in maniera assonnata e confusa il telefono che squillava. Lo trovo, lo prese, lo mise davanti agli occhi e lesse il nome di chi lo chiamava e non era quello di Dempsey, ma quello di Robert l’amico della scientifica. Rispose:
-Pronto.
-Sì pronto Richard- disse con un tono di voce triste e addolorato.
-Cos’hai da dirmi e cosa ti è successo?
-Richard… Dempsey è… morto.
-Cosa?- disse con fare mortificato.
-Mi dispiace. Stesso modus operandi usato con Gossling.
-Non è possibile, quel brutto bastardo la pagherà cara.
-Sì Richard. Oggi prenditi un giorno di pausa.
-Non se ne parla ora devo incastrare al più presto quel pezzo di merda.
-Non è un invito, Richard. Oggi il commissariato rimarrà chiuso per lutto in onore di Dempsey.
Il commissario dopo quelle parole chiuse di getto la telefonata. Più che affranto, come succede di solito in questi casi, era arrabbiato e si sentiva in colpa, aveva capito subito che l’assassino aveva ucciso Dempsey per le ricerche fatte sotto suo comando e voleva subito scoprire l’artefice per arrestarlo anche se non sapeva come continuare le indagini se non in commissariato. Rimase tutta la giornata immobile nel letto a pensare a tutto, meno che alla realtà dei fatti. Decise quindi di andare nel locale citato a inizio racconto per rilassarsi un po’. Il commissario, infatti, almeno quella notte la passò in maniera e rilassata, senza ansie.
Il giorno dopo il commissario già al mattino presto era in commissariato a terminare la sua indagine senza riuscire a trovare un movente valido che potesse “giustificare” l’azione dell’assassino ai danni di Gossling. E scoprì che non era l’unico agente in pensione della polizia di Chicago. Ordinò allora di mettere sotto custodia tutti i nomi della lista. Nonostante l’esito della ricerca, che non gli permetteva di andare avanti con le indagini, non si diede per vinto e continuò a indagare senza cavare un ragno da un buco.
Allora tornò a casa, un quartieraccio, malandato e pieno di criminali, ma tra tutti risaltava all’occhio attento del commissario un uomo che non aveva mai visto prima, ma che, tuttavia, aveva una faccia famigliare. Aguzzò la vista per provare a riconoscere quell’uomo, ma non ci riuscì. Allora entrò nel palazzo con un’aria chiaramente delusa per la giornata di lavoro poco produttiva. Quando salendo le scale del condominio un uomo da dietro lo tramortì e sappiamo come andò a finire per il povero commissario che incontrò la morte come precedentemente Jack Gossling e l’amico Dempsey. Purtroppo non siamo né in un film né in una serie TV dove la polizia incastra sempre e comunque il criminale. Certo però che nelle serie TV gli investigatori sono persuasi sempre da un’intuizione geniale, mentre qui, per lo sconforto accumulato, il commissario si è lasciato sfuggire parecchi indizi e avvertimenti. Sì perché se si fosse guardato intorno al locale e se avesse bevuto meno, così da essere più lucido, avrebbe sicuramente notato che già al locale l’assassino seguiva ogni suo movimento e l’uomo vagamente famigliare in mezzo alla strada era proprio l’assassino.
Lo so brutto finale, ma purtroppo con la morte del commissario muore anche questa storia cruenta, ma soprattutto senza un “e vissero tutti felici e contenti”.
Anch’io avrei voluto sapere l’identità dell’assassino e sapere il perché ha fatto tutto questo anche se alla fine lo hanno preso, ma non lo sapremo mai.
D’altronde nella vita vera esistono anche i casi irrisolti.

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