Il bambino con il pigiama a righe di John Boyne - Ilaria Boeri
Il libro “Il bambino con il pigiama a righe” racconta la storia di due bambini, accomunati dall’inconsapevolezza e dall’ingenuità tipica dei bambini, ma da ideologie diverse.
Bruno, era un bambino di nove anni che apparteneva a una ricca famiglia di Berlino e viveva in una grande casa con la madre, il padre, la sorella Gretel, il maggiordomo Lars e la cameriera Maria. Nella stessa città vivevano anche la nonna e il nonno ai quali lui era molto legato; in particolare era molto affezionato alla nonna che realizzava per lui e la sorella piccoli spettacoli da rappresentare durante qualche evento speciale o festa in famiglia. Bruno aveva tre amici per la pelle, Daniel, Karl e Martin.
Un giorno, tornanto a casa da scuola, Bruno trovò la cameriera che stava spostando i vestiti dall’armadio alla valigia.
Quella sera il padre che era stato nominato da poco Comandante, annunciò che si sarebbero trasferiti ad Auscit a causa del nuovo lavoro. A Bruno la notizia non piacque, perché non voleva lasciare i suoi amici e la nonna.
La famiglia arrivò nella nuova casa che non piacque per niente a Bruno, perché era molto più piccola rispetto a quella di Berlino. Non gli piaceva neanche il fatto che non si trovavano altre case, persone e bambini della sua età nei dintorni. I primi giorni si annoiò moltissimo mentre la sorella dimostrava interesse per il tenente Kotler, un personaggio che non piaceva molto a Bruno per svariate ragioni. Un giorno, però, il bambino fu obbligato a rivolgergli la parola perché voleva costruire un’altalena con una corda e una ruota. Gli mancava quest’ultima e durante il loro dialogo fu interpellato Pavel, un servo della casa, che però Bruno non conosceva. Kotler gli rivolse parole spregevoli; ad esempio “lurido ebreo”. Queste due parole unite, non piacquero a Bruno tanto che quando quell’adulto le pronunciò, lui si voltò dall’altro lato. Pavel lo aiutò con la ruota, e poi Bruno costruì l’altalena. Mentre si spingeva il più in alto possibile, cadde e si provocò un taglio sul ginocchio. Lo soccorse Pavel che aveva osservato la scena. Mentre gli medicava la ferita Bruno gli fece delle domande e scoprì che era un dottore. Appena la madre fece ritorno a casa si preoccupò ma quando il servo gli comunicò le condizioni stabili del figlio, obbligò quest’ultimo ad andare in camera e ringraziò Pavel per averlo aiutato. Per proteggere il servo ebreo gli disse che se gli avessero chiesto qualcosa, avrebbe detto che era stata lei ad aver medicato Bruno.
Dopo questo avvenimento il padre decise di fare riprendere gli studi ai figli con un insegnante privato. A Bruno rimaneva comunque del tempo libero che decise utilizzare per esplorare il giardino nel quale si trovava una panchina con una targa in bronzo con scritto: “Donata in occasione dell’apertura del campo di Auscit. Giugno 1940”. Bruno sapeva cosa ci fosse dopo la panchina, perché lo vedeva dalla sua finestra. Vedeva un grande recinto formato da moltissimi chilometri di filo spinato, agganciato a dei pali grandi come quelli del telegrafo e all’interno di questa recinzione c’erano delle baracche e tanta gente che indossava dei pigiami e un berretto di tela a righe.
Iniziò a costeggiare questa recinzione e vide un puntino che divenne una macchia, che divenne una striscia, che divenne un bambino. Era con la testa china verso il terreno e osservava la polvere con uno sguardo triste. Si salutarono e si presentarono: si chiamava Shmuel e Bruno si stupì del fatto che parlasse il tedesco. Shmuel gli raccontò che era polacco ma sua madre era insegnante di lingue e gli aveva insegnato il tedesco e gli aveva promesso che gli avrebbe insegnato anche l’inglese. Il nuovo amico parlò della sua famiglia, per esempio che il padre aveva un negozio di orologi li riparava e li costruiva. Bruno gli chiese perché si trovasse da quel lato della rete, Shmuel gli disse che non lo sapeva neanche lui ma un giorno lo avevano tolto da casa sua con la forza insieme alla sua famiglia e li avevano portati in una stanza con altre persone, tra cui Lukas, un ragazzo che lo picchiava sempre. Poi gli furono tolti i beni che indossava, come l’orologio d’oro che gli aveva fatto il padre e i vestiti che gli erano stati sostituiti da quella divisa che per Bruno era un pigiama, lo avevano portato in quel campo. Per molte settimane i due si incontrano in quel punto della rete a conversare e Bruno portava sempre qualcosa da mangiare per il nuovo amico che era molto magro.
In un giorno di pioggia, Bruno sapeva che non poteva andare dall’amico, allora decise di andare in salotto a leggere un libro, ma fu fermato dal tenente Kotler che gli chiese del libro e lo fece restare nel corridoio per un po' di tempo. La madre che voleva parlare col tenete e chiese a Bruno di andare in cucina. Lì trovò Shmuel che puliva dei bicchieri che servivano per la festa di compleanno del padre. Mentre parlavano Bruno fu assalito da un languorino e allora aprì il frigorifero e mangiò. Poi offrì all’amico un po' di cibo che accettò perché era affamato, anche se aveva paura che il tenente entrasse e lo sgridasse perché stava mangiando. Subito dopo aver finito di mangiare, arrivò in cucina il tenete che li vide parlare. Chiese al bambino con il pigiama se conoscesse Bruno e mentre lo chiedeva vide che aveva delle briciole sul viso così lo accusò di aver rubato del cibo, Shmuel rispose che glielo aveva dato Bruno, ma questo negò tutto e affermò che Shmuel stava già mangiando.
Per molti giorni Bruno non trovò il suo nuovo amico e si sentì molto in colpa per aver mentito e negato l’esistenza della loro amicizia. Appena si ritrovarono Bruno osservò che Shmuel aveva un occhio nero causato dal maltrattamento del tenente dopo l’accaduto. Bruno chiese scusa e il bambino dall’altro lato della recinzione lo perdonò e così continuarono le loro conversazioni, gli confidò anche che non trovavano più il nonno da nessuna parte.
Anche Bruno gli raccontò qualcosa della sua famiglia: qualche mese prima era morta la nonna e per il padre era stato un brutto evento perché l’ultima volta che si erano sentiti e avevano parlato, avevano litigato. Quel giorno il padre di Bruno si era messo la divisa da comandante e se ne vantava. La nonna però non condivideva gli ideali del padre perché sapeva quello che stava accadendo in Germania e Polonia.
Intanto la madre non riusciva ad ambientarsi in quella casa visto che non aveva nessuno con cui parlare e secondo lei vivere in una casa vicino ad un campo di concentramento non era adatto all’educazione dei bambini. Convinse il padre a far tornare a Berlino lei e i due bambini. Quando il padre lo comunicò ai figli, Bruno per non dare fastidio, disse che per lui qualsiasi scelta andava bene, quindi si decise che lui, Gretel e la madre sarebbero dovuti tornare a casa. Il giorno dopo Bruno si presentò dall’amico e gli disse della decisione presa dai suoi e ne parlarono perché loro volevano giocare insieme per la prima e ultima volta, dalla stessa parte della rete e volevano anche cercare il padre del bambino col pigiama perché era scomparso. Quindi, Shmuel ebbe un’illuminazione, quella di far venire Bruno dal suo lato della rete perché era rasato a causa dei pidocchi che gli aveva attaccato la sorella, e l’amico gli avrebbe procurato quel pigiama e il berretto. L’ultimo incontro fu fissato per il giorno seguente.
Bruno si svegliò e vide la pioggia, che fortunatamente cessò prima che uscisse di casa. Arrivò al punto di incontro, si tolse i vestiti si mise il pigiama e passò sotto la rete. Bruno era riuscito ad entrare nel campo. Andarono alle baracche e Bruno pensava che avrebbe trovato una piccola Berlino con persone felici, bancarelle e bar; non trovò niente di tuto ciò, trovò solo persone magre con visi tristi e sguardi vuoti. Poi cercarono tracce del padre per capire cosa gli fosse successo, ma non trovarono niente e, dopo un’ora e mezza di ricerche, smisero di cercare e proprio quando Bruno doveva andarsene scattò un allarme che obbligava tutte le persone che si trovavano nel campo a marciare così furono condotte al riparo, perché iniziò di nuovo a piovere, ma dopo pochi minuti furono chiusi in una stanza. Finì così la storia del piccolo Bruno che non uscì più da quella stanza.
La famiglia di Bruno iniziò le ricerche: la madre e la sorella tornarono a Berlino pensando che le avesse anticipate, ma non lo trovarono. Il papa obbligò i soldati a perlustrare la zona, e trovarono i vestiti che aveva tolto e abbandonato. Un anno dopo il padre decise di recarsi di nuovo nel luogo e notò che in quel punto la rete era meno attaccata al terreno tanto da permettere il passaggio per un piccolo corpo come quello di un bambino. Capì così quello che era accaduto al figlio.
Ho scelto di leggere e di raccontare questo libro perché è una storia molto commuovente e ambientata nel periodo storico più brutto ma anche più interessante. Per me ricordare è molto importante perché se non impariamo dai nostri errori moriranno altre persone innocenti come le 16 milioni di persone morte a causa delle ideologie sbagliate propagandate da Hitler.
Bruno, era un bambino di nove anni che apparteneva a una ricca famiglia di Berlino e viveva in una grande casa con la madre, il padre, la sorella Gretel, il maggiordomo Lars e la cameriera Maria. Nella stessa città vivevano anche la nonna e il nonno ai quali lui era molto legato; in particolare era molto affezionato alla nonna che realizzava per lui e la sorella piccoli spettacoli da rappresentare durante qualche evento speciale o festa in famiglia. Bruno aveva tre amici per la pelle, Daniel, Karl e Martin.
Un giorno, tornanto a casa da scuola, Bruno trovò la cameriera che stava spostando i vestiti dall’armadio alla valigia.
Quella sera il padre che era stato nominato da poco Comandante, annunciò che si sarebbero trasferiti ad Auscit a causa del nuovo lavoro. A Bruno la notizia non piacque, perché non voleva lasciare i suoi amici e la nonna.
La famiglia arrivò nella nuova casa che non piacque per niente a Bruno, perché era molto più piccola rispetto a quella di Berlino. Non gli piaceva neanche il fatto che non si trovavano altre case, persone e bambini della sua età nei dintorni. I primi giorni si annoiò moltissimo mentre la sorella dimostrava interesse per il tenente Kotler, un personaggio che non piaceva molto a Bruno per svariate ragioni. Un giorno, però, il bambino fu obbligato a rivolgergli la parola perché voleva costruire un’altalena con una corda e una ruota. Gli mancava quest’ultima e durante il loro dialogo fu interpellato Pavel, un servo della casa, che però Bruno non conosceva. Kotler gli rivolse parole spregevoli; ad esempio “lurido ebreo”. Queste due parole unite, non piacquero a Bruno tanto che quando quell’adulto le pronunciò, lui si voltò dall’altro lato. Pavel lo aiutò con la ruota, e poi Bruno costruì l’altalena. Mentre si spingeva il più in alto possibile, cadde e si provocò un taglio sul ginocchio. Lo soccorse Pavel che aveva osservato la scena. Mentre gli medicava la ferita Bruno gli fece delle domande e scoprì che era un dottore. Appena la madre fece ritorno a casa si preoccupò ma quando il servo gli comunicò le condizioni stabili del figlio, obbligò quest’ultimo ad andare in camera e ringraziò Pavel per averlo aiutato. Per proteggere il servo ebreo gli disse che se gli avessero chiesto qualcosa, avrebbe detto che era stata lei ad aver medicato Bruno.
Dopo questo avvenimento il padre decise di fare riprendere gli studi ai figli con un insegnante privato. A Bruno rimaneva comunque del tempo libero che decise utilizzare per esplorare il giardino nel quale si trovava una panchina con una targa in bronzo con scritto: “Donata in occasione dell’apertura del campo di Auscit. Giugno 1940”. Bruno sapeva cosa ci fosse dopo la panchina, perché lo vedeva dalla sua finestra. Vedeva un grande recinto formato da moltissimi chilometri di filo spinato, agganciato a dei pali grandi come quelli del telegrafo e all’interno di questa recinzione c’erano delle baracche e tanta gente che indossava dei pigiami e un berretto di tela a righe.
Iniziò a costeggiare questa recinzione e vide un puntino che divenne una macchia, che divenne una striscia, che divenne un bambino. Era con la testa china verso il terreno e osservava la polvere con uno sguardo triste. Si salutarono e si presentarono: si chiamava Shmuel e Bruno si stupì del fatto che parlasse il tedesco. Shmuel gli raccontò che era polacco ma sua madre era insegnante di lingue e gli aveva insegnato il tedesco e gli aveva promesso che gli avrebbe insegnato anche l’inglese. Il nuovo amico parlò della sua famiglia, per esempio che il padre aveva un negozio di orologi li riparava e li costruiva. Bruno gli chiese perché si trovasse da quel lato della rete, Shmuel gli disse che non lo sapeva neanche lui ma un giorno lo avevano tolto da casa sua con la forza insieme alla sua famiglia e li avevano portati in una stanza con altre persone, tra cui Lukas, un ragazzo che lo picchiava sempre. Poi gli furono tolti i beni che indossava, come l’orologio d’oro che gli aveva fatto il padre e i vestiti che gli erano stati sostituiti da quella divisa che per Bruno era un pigiama, lo avevano portato in quel campo. Per molte settimane i due si incontrano in quel punto della rete a conversare e Bruno portava sempre qualcosa da mangiare per il nuovo amico che era molto magro.
In un giorno di pioggia, Bruno sapeva che non poteva andare dall’amico, allora decise di andare in salotto a leggere un libro, ma fu fermato dal tenente Kotler che gli chiese del libro e lo fece restare nel corridoio per un po' di tempo. La madre che voleva parlare col tenete e chiese a Bruno di andare in cucina. Lì trovò Shmuel che puliva dei bicchieri che servivano per la festa di compleanno del padre. Mentre parlavano Bruno fu assalito da un languorino e allora aprì il frigorifero e mangiò. Poi offrì all’amico un po' di cibo che accettò perché era affamato, anche se aveva paura che il tenente entrasse e lo sgridasse perché stava mangiando. Subito dopo aver finito di mangiare, arrivò in cucina il tenete che li vide parlare. Chiese al bambino con il pigiama se conoscesse Bruno e mentre lo chiedeva vide che aveva delle briciole sul viso così lo accusò di aver rubato del cibo, Shmuel rispose che glielo aveva dato Bruno, ma questo negò tutto e affermò che Shmuel stava già mangiando.
Per molti giorni Bruno non trovò il suo nuovo amico e si sentì molto in colpa per aver mentito e negato l’esistenza della loro amicizia. Appena si ritrovarono Bruno osservò che Shmuel aveva un occhio nero causato dal maltrattamento del tenente dopo l’accaduto. Bruno chiese scusa e il bambino dall’altro lato della recinzione lo perdonò e così continuarono le loro conversazioni, gli confidò anche che non trovavano più il nonno da nessuna parte.
Anche Bruno gli raccontò qualcosa della sua famiglia: qualche mese prima era morta la nonna e per il padre era stato un brutto evento perché l’ultima volta che si erano sentiti e avevano parlato, avevano litigato. Quel giorno il padre di Bruno si era messo la divisa da comandante e se ne vantava. La nonna però non condivideva gli ideali del padre perché sapeva quello che stava accadendo in Germania e Polonia.
Intanto la madre non riusciva ad ambientarsi in quella casa visto che non aveva nessuno con cui parlare e secondo lei vivere in una casa vicino ad un campo di concentramento non era adatto all’educazione dei bambini. Convinse il padre a far tornare a Berlino lei e i due bambini. Quando il padre lo comunicò ai figli, Bruno per non dare fastidio, disse che per lui qualsiasi scelta andava bene, quindi si decise che lui, Gretel e la madre sarebbero dovuti tornare a casa. Il giorno dopo Bruno si presentò dall’amico e gli disse della decisione presa dai suoi e ne parlarono perché loro volevano giocare insieme per la prima e ultima volta, dalla stessa parte della rete e volevano anche cercare il padre del bambino col pigiama perché era scomparso. Quindi, Shmuel ebbe un’illuminazione, quella di far venire Bruno dal suo lato della rete perché era rasato a causa dei pidocchi che gli aveva attaccato la sorella, e l’amico gli avrebbe procurato quel pigiama e il berretto. L’ultimo incontro fu fissato per il giorno seguente.
Bruno si svegliò e vide la pioggia, che fortunatamente cessò prima che uscisse di casa. Arrivò al punto di incontro, si tolse i vestiti si mise il pigiama e passò sotto la rete. Bruno era riuscito ad entrare nel campo. Andarono alle baracche e Bruno pensava che avrebbe trovato una piccola Berlino con persone felici, bancarelle e bar; non trovò niente di tuto ciò, trovò solo persone magre con visi tristi e sguardi vuoti. Poi cercarono tracce del padre per capire cosa gli fosse successo, ma non trovarono niente e, dopo un’ora e mezza di ricerche, smisero di cercare e proprio quando Bruno doveva andarsene scattò un allarme che obbligava tutte le persone che si trovavano nel campo a marciare così furono condotte al riparo, perché iniziò di nuovo a piovere, ma dopo pochi minuti furono chiusi in una stanza. Finì così la storia del piccolo Bruno che non uscì più da quella stanza.
La famiglia di Bruno iniziò le ricerche: la madre e la sorella tornarono a Berlino pensando che le avesse anticipate, ma non lo trovarono. Il papa obbligò i soldati a perlustrare la zona, e trovarono i vestiti che aveva tolto e abbandonato. Un anno dopo il padre decise di recarsi di nuovo nel luogo e notò che in quel punto la rete era meno attaccata al terreno tanto da permettere il passaggio per un piccolo corpo come quello di un bambino. Capì così quello che era accaduto al figlio.
Ho scelto di leggere e di raccontare questo libro perché è una storia molto commuovente e ambientata nel periodo storico più brutto ma anche più interessante. Per me ricordare è molto importante perché se non impariamo dai nostri errori moriranno altre persone innocenti come le 16 milioni di persone morte a causa delle ideologie sbagliate propagandate da Hitler.
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