Una festa da incubo - Alessia Bartolacci

Il corpo stava ancora galleggiando in piscina quando arrivò il detective Johnson con la sua squadra. Subito delimitarono la zona dove era stato trovato il cadavere e fermarono tutte le persone presenti per interrogarle. Scoprirono che la vittima era Jennifer, una ragazza gentile, altruista e amata da tutti.
Durante l’interrogatorio della sorella, il detective scoprì che era gelosa di Jennifer perché quest’ultima era sempre stata la migliore e la preferita, e venne a conoscenza che aveva sentito Sam, l’ex fidanzato di Jennifer, dire alla vittima che l’amava, che era solo sua e che se non sarebbe tornata con lui se ne sarebbe pentita.
Ovviamente Sam, durante l’interrogatorio, negò tutto dicendo che non avrebbe mai potuto far del male a Jennifer perché era troppo importante per lui. A questo punto i principali indiziati erano la sorella Zoe e Sam. Successivamente, il detective esaminò tutto quello che c’era sul luogo del delitto sperando di riuscire a trovare degli indizi, impronte o prove. Intanto, il corpo era stato portato all’istituto di medicina legale dove venne fatta l’autopsia: risultò non esserci traccia di acqua nei polmoni, ma nel sangue il medico legale trovò una notevole quantità di veleno.
Così si scoprì che la vittima non era morta per annegamento, come tutti pensavano, ma che era stata avvelenata. A questo punto Johnson, dovette indagare più a fondo nella vita di Jennifer e così scoprì che due mesi prima era deceduto un suo vecchio zio miliardario, scapolo e senza figli. All’apertura del testamento, si scoprì che aveva lasciato tutto il suo denaro e tutte le sue proprietà alla sua nipote preferita: Jennifer!
Esclusi dall’eredità Zoe e l’altro nipote Peter, al quale sarebbe andato tutto il patrimonio solo in caso di morte dell’ereditiera. Peter era un ragazzo di 26 anni, anche lui studente, con un carattere chiuso, timido e poco socievole. Quando Johnson lo interrogò, disse di non essere andato alla festa perché non stava bene e di essere rimasto a casa da solo.
Il detective fece quindi analizzare tutti i bicchieri utilizzati alla festa e la scientifica scoprì che sul bicchiere di Jennifer non c’erano solo le sue impronte ma anche quelle di un’altra persona. Furono prese le impronte digitali di tutti gli invitati e anche quelle di Peter: le sue impronte erano le stesse presenti sul bicchiere. Un’altra prova che lo inchiodò, fu il ritrovamento a casa sua dello stesso tipo di veleno trovato nel corpo di Jennifer.
Inoltre, interrogando nuovamente gli invitati, un’amica della vittima si ricordò di aver visto Peter che girava nervoso attorno ai bicchieri. A questo punto, messo alle strette, Peter confessò l’omicidio eseguito per avere l’eredità e sistemarsi per sempre, senza dover terminare gli studi e trovarsi un lavoro.
Risolto il caso, Johnson andò a casa dei genitori di Jennifer per raccontare cos’era successo ovvero che Peter, dopo aver saputo che tutta l’eredità andava a sua cugina e che lui sarebbe stato il secondo erede solo nel caso in cui Jennifer fosse morta, premeditò l’omicidio. Quindi, comprò del veleno potentissimo e aspettò la festa di laurea per compiere il delitto. Si mischiò tra la folla e quando Jennifer si distrasse, mise il veleno nel suo bicchiere e poi se ne andò. Pensò di non essere stato visto, invece l’amica di Jennifer lo notò e disse che le era parso molto nervoso e con aria sospetta.
Ora Peter passerà il resto dei suoi giorni in carcere.
di Alessia Bartolacci

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